"Perchè è importante bastare a se stesse"
Il mio occhio piuttosto allenato salta subito al punto 2. ma procediamo con ordine.
Con sorpresa, la seconda definizione rimanda a scenari desolati si, ma sicuramente più colorati e "vivi" rispetto a quanto descritto in precedenza.
Così Ivana Castoldi intitola la copertina del libro che proprio qualche giorno fa, in occasione del mio compleanno, mi è stato regalato da una mia cara amica.
Lo ammetto... Il regalo era azzeccato, ma sin dalle prime pagine ho pensato: "Una raccolta di frasi fatte per motivare donne frustrate e innamorate del ricordo dell'ex, fantastico."
No, non sono qui per smentire questo mio pensiero, né per dare un giudizio personale sul libro. Sono qui per raccontarvi cosa significa per me ESSERE SOLE.
Come nel mio stile, da brava linguista, vediamo anzitutto come l'enciclopedia Treccani definisce questo stato. Cito:
solitùdine s. f. [dal lat. solitudo -di nis, der. di solus «solo»].
1. La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura: amare, desiderare, cercare, fuggire, temere la s.;sentire desiderio di s., di un po’ di s.; beata la s., finalmente un po’ di pace!, come espressione fam. di sollievo; cercare, trovare la serenità dell’animo nella s. di un convento (v. anche la frase lat. o beata solitudo, ecc.); anche, condizione di chi vive solo, dal punto di vista materiale, affettivo e sim.: vivere in s., nella più nera s.; trascorrere la vecchiaia in s.; sentire il peso, o la tristezza, della propria solitudine.
2. Luogo solitario, disabitato: la s. dei monti e dei deserti; anche al plur.: le vaste s. oceaniche.
2. Luogo solitario, disabitato: la s. dei monti e dei deserti; anche al plur.: le vaste s. oceaniche.
Anzitutto viene accostata questa "condizione" a sentimenti come l'amare, il desiderare, il temere: questo mi fa immediatamente pensare al fatto che probabilmente più che alla durata di questo stato, bisognerebbe pensare a quale emozioni porti o da quali emozioni provenga. Personalmente, se scorro rapidamente tutti i momenti in cui ho accettato di stare sola, scarterei sicuramente l'idea di cercare la solitudine. Come ho appunto precisato, questa condizione o la si accetta a braccia aperte, e quindi s'impara ad amarla, con gli alti e i bassi che l'amore porta con sé, oppure si fugge, si scappa, ci si deprime, si da la colpa agli altri, amici, conoscenti, colleghi o familiari. LORO vengono visti come la vera causa della nostra solitudine.
Solo una volta che si è accettata questa compagnia silenziosa e invisibile ma palpabile, solo una volta che ci si è abituati a questa forma di convivenza con sé stessi, bene, solo allora capiamo che non erano gli altri a isolarci, non erano gli altri a volerci sole, ma è quello che volevamo noi, di cui avevamo estremo bisogno.
Esattamente come un tuffo in mare un afoso pomeriggio estivo o come il letto caldo dopo un'estenuante giornata di lavoro, ecco che la solitudine, in quanto SCELTA, ci viene in soccorso al momento del bisogno e fidatevi, solo noi possiamo sapere di cosa abbiamo bisogno.
Ma continuiamo.
Trovo alquanto irritante il fatto che all'idea di solitudine vengano sempre accostate immagini in bianco e nero di donne, quasi sempre di mezza età, depresse, tristi, anche in lacrime, intente a SOFFRIRE in silenzio.
Ma a qualcuno è mai venuto in mente che, magari, in silenzio e in solitudine, si può imparare a conoscere sé stessi, i propri limiti, bisogni, pregi e difetti?
Magari ci si rende conto che, effettivamente, da soli non si sa stare oppure, al contrario, che quel momento per noi, a fine giornata, dopo ore di sorrisi falsi, strette di mano e nomi dimenticati, ci permette di essere semplicemente NOI, stop.
Ecco che invece vengono proposti sul menù digitale di noi, poveri utenti in cerca di luoghi in cui perderci e ritrovarci, paesaggi mozzafiato, lande senza fine, mare cristallino, moli sperduti chissà dove e foreste incantate.
Perché? Cosa vuoi dirci mondo del world wide web?
Andando ad intuito mi viene da pensare che allora si può essere soli e magari, non so, "felici", in compagnia di sé stessi e della natura incontaminata, sbaglio?
Dove sono finite le stanze buie? E i lacrimoni?
E quei libri abbandonati su tavole di legno grezzo, sfogliati non da dita umane ma da un soffio di vento?
Ok, evidentemente come per tutto, c'è un'altra faccia della medaglia, una faccia decisamente più colorata e meno apocalittica. Credo che questa via sia la migliore per capire come fronteggiare ad armi pari la paura della solitudine, questa compagna invadente e indiscreta.
E allora affrontiamola e vinciamola.
Iniziamo a vedere la solitudine non come il mostro dentro l'armadio che tanto ci tormentava da bambine, quanto piuttosto come un'occasione per metterci a nudo, per guardarci dentro e fuori, per viverci e magari anche per piacerci.
Chissà, scopriremo di piacere anche agli altri...
Per concludere, posto con piacere alcuni disegni dell' illustratrice messicana Ydalia Candelas, in merito alla tematica da me oggi trattata. Buona visione.
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